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Ci risiamo, la nazionale di calcio è stata eliminata dalla Svizzera e non giocando nemmeno.

Come sempre il bar dello sport apre i suoi battenti, tutti a criticare giocatori, allenatori e a suonare il de profundis del calcio italico.

Quello che però si nota è un’analisi che guarda al dito e non alla luna. Ci si lamenta che nei campi di gioco i bambini fanno determinate cose rispetto ad altre, al fatto che non si gioca per strada, insomma il problema viene analizzato solo dal punto di vista tecnico! La problematica è però molto più ampia, posto che da manager non mi intendo di allenamenti specifici del calcio e prendo per buone le analisi fatte da ex-calciatori ed allenatori.

Quello che non ci si chiede, e che dovrebbe essere al centro del problema, è come il calcio italiano è stato gestito in questi anni a livello manageriale.

Il management determina l’indirizzo della parte tecnica e delle altre attività, marketing e promozione compresa. Se davvero la nazionale manca d’identità significa che la dirigenza nel suo complesso non ha seguite le indicazioni su quelle che sono le lacune tecniche riscontrate nei giovanissimi da molti anni. Non sono stati organizzati tornei federali di street soccer o calcetto, non è stata incentivata tutta quella serie di attività collaterali al calcio a 11 che permettono ai giovanissimi di sviluppare le capacità tecniche necessarie poi crescendo come calciatori.

A livello regionale come sono state sviluppate le iniziative di promozione? Quanti corsi sono stati fatti per i manager delle società tesserate per aiutarli a comprendere come promuovere il prodotto “calcio giovanile”. Ampliare la base significa anche aumentare le possibilità di trovare talenti. Aiutare chi è parte fondamentale della piramide del calcio nazionale significa anche aiutare la nazionale.

Il problema quindi è di gestione, di programmazione più che tecnico nel senso più puro del termine. Non c’è pianificazione di lungo periodo, come viene fatto in altre realtà sportive, ma solo organizzazione di breve termine. Massimizzo il risultato con le risorse che ho, ma non è così che si fa.

Ci sono poi le nazionali giovanili, spesso vincenti, cosa succede a questi giovani di talento? Spesso non giocano e fanno panchina in serie A o B, ma anche quando diventano campioni sono poco formati per resistere all’impatto della popolarità. Anche nel loro caso serve formazione, in ambito comunicazionale e di marketing personale, di gestione delle ricchezze spesso eccessive per un giovanissimo, ma anche in ambito psicologico e di gestione dello stress.

Anche in questo caso c’è un errore fi gestione delle risorse umane, di mancanza di formazione sotto vari ambiti.

Sono quindi molte, e certamente sono anche altre le problematiche del calcio italiano, non intendevo essere esaustivo, ma far riflettere sul fatto che il problema non è solo tecnico, ma in realtà di management. Lo diciamo del calcio perchè oggi sono loro sulla graticola, ma sono criticità diffuse su tutti gli sport specialmente in Italia. A riprova prendo le parole di Arrigo Sacchi che ha commentato così la sconfitta:”(…) cerchiamo sempre di sopravvivere ma con la furbizia non si va molto avanti.”, non è forse quello che fanno le realtà sportive su marketing, sponsorizzazioni e altre attività di management?